Lucca Comics & Games 2025 si avvicina. Tra poche settimane la manifestazione Pop italiana più attesa dell’anno prenderà il via per la cinquantanovesima volta, se contiamo dal Salone Internazionale dei Comics del 1966.
Un evento che, in passato, mi ha regalato momenti emozionanti, che serbo caramente nel mio cuoricino di nerd attempato. Ma che negli ultimi anni, puntualmente, al termine delle mie sortite lucchesi, mi porta sempre a pormi la fatidica domanda: ma chi me l’ha fatto fare? Questa è la questio che sempre più spesso gli appassionati si pongono, mentre cercano di farsi largo tra la folla, si sfiancano in code interminabili e osservano il portafogli sgonfiarsi inesorabilmente.
È inutile girarci attorno: la triste realtà – da anni, ormai – è che quella che un tempo era una, anzi LA grande festa italiana del fumetto, oggi è, semplicemente, qualcos’altro.
Ma non è il punto di questo mio sproloquio. So benissimo che se Lucca – e con Lucca tante altre grandi manifestazioni del genere, come Romics, Cartoomics e compagnia cantante – tornassero a essere vere fiere del fumetto come un tempo, non reggerebbero: l’affluenza non sarebbe certo quella garantita da tutto ciò che…non è fumetto e, dunque, è necessario creare attrattività con altro. Anzi, paradossalmente, è proprio l’altro a consentire alla fiera di poter anche parlare di fumetto. Triste, ma vero.
Ma, ripeto, non è questo il punto. Proprio no.
Nel caso di Lucca, a mio parere, i problemi sono soprattutto altri. Mettetevi comodi: so bene che sto scoprendo l’acqua calda e che, forse, esagererò nel presentare problemi che sono aggravati da variabili soggettive (partecipare a Lucca C&G a 20 anni non è come farlo a 50 e passa). Ciò nonostante, sono convinto che mettere in fila le problematiche principali, nero su bianco, possa aiutare a capire come stanno davvero le cose. Anche perché, 20 o 50, la mancanza di rispetto e considerazione è indipendente dall’età, no?
Inizierei da vitto e alloggio. Anzi, più alloggio che vitto. È cosa nota che i prezzi per dormire sono ormai oltre ogni limite e misura: hotel, B&B e semplici camere in affitto che in qualsiasi altro periodo dell’anno costerebbero X, durante Lucca C&G costano X elevato a 10. Anche a decine di chilometri dalla città. Il risultato, grottesco, è che quella che dovrebbe essere una manifestazione popolare sta diventando un lusso – almeno, per chi non è nelle condizioni di fare un tour de force da una giornata e desidererebbe alloggiare in zona.
E a rendere il quadro ancora più sconfortante è la complicità silenziosa – e, permettetemi, spudorata – di una parte (non tutti, per carità, lungi da me generalizzare!) degli stessi lucchesi, che in quei giorni, accecati dal guadagno facile, sembrano perdere ogni freno inibitorio. C’è chi affitta sui social stanze di fortuna, garage, cantine e soffitte spacciandole per alloggi, chiedendo cifre assurde e spesso (sempre?) in nero. Senza il minimo rispetto per la legge e le norme, la sicurezza, il comfort e la dignità degli ospiti. Il tutto, mi pare (me se così non fosse, sarei bel felice di essere smentito), nel silenzio generale. Con le autorità che chiudono un occhio anzi due e con la consapevolezza, da parte di chi affitta, che tanto la domanda è talmente alta e gli interessi in gioco tali da permettere ogni abuso.
Ovviamente, che pernottiate oppure no, a Lucca ci dovete arrivare. Impresa non sempre facile: in quei giorni, i treni sembrano carri bestiame, la stazione di Lucca una bolgia infernale e, se arrivate in auto, beh tanti auguri! Prima vi toccherà affrontare l'inevitabile trafffico (che, a onor del vero, mi è sempre parso ben gestito dalla Polizia Locale) e poi il parcheggio, che, se lo trovate, pagherete come un posto auto davanti all'ingresso del Casinò di Montecarlo.
Una volta arrivati e superato lo scoglio dell’alloggio, la situazione non migliora: spostarsi tra le vie del centro durante i giorni clou della manifestazione è un’esperienza da girone dantesco, con la folla che si muove a passo di lumaca, padiglioni sempre saturi e tempi d’attesa che rendono ogni visita sfiancante. Partecipare a un firmacopie o incontrare un autore significa passare ore in fila, talvolta (a seconda di come il firmacopie è stato organizzato) senza nemmeno la certezza di riuscire a incontrare l’autore (mi è successo).
Seguire panel e mostre significa partecipare a maratone forzate da un capo all’altro della città. La collocazione degli eventi su tutto il territorio dentro le mura è molto suggestiva, per carità, ma è anche una gran bella scocciatura e, pur ammettendo che ci sia da parte degli organizzatori un tentativo di pianificazione smart, seguire davvero ciò che interessa è praticamente impossibile.
Se poi ci mettiamo anche la quasi mai assente pioggia (ma quella dipende dal buon Dio, che non credo sia membro del CdA di Lucca Crea), potete rendervi conto del disagio che le migliaia di partecipanti devono subire.
E poi c’è l’aspetto più paradossale di tutti: quello dei contenuti. OK, abbiamo visto che la parte dei comics perde ogni anno di più il suo significato. Non soltanto a Lucca, sia chiaro. Ma non mi riferisco a quanto detto prima – ovvero che ciò che un tempo era il cuore pulsante e caratterizzante dell’evento oggi è solo un contorno. No, sono cose ormai assodate. Quel che intendo è che gli stessi editori, invece di approfittare della vetrina nazionale per parlare di storie, di idee, di contenuti, sembrano sempre più impegnati a promuovere variant, special edition, supercazzole limited e via così.
Ogni anno assistiamo sui social a presentazioni in pompa magna di edizioni lucchesi limitate, copertine speciali, versioni metal, cartonati numerati con tirature da pseudo collezione; post e conferenze stampa in cui ci si dilunga infinitamente su quanto sia fantasmagorica questa o quella cover. Come se il valore di un fumetto si esaurisse nel suo confezionamento, c…ribbio! E le storie, i racconti, passano inesorabilmente in secondo piano: ciò che conta è vendere l’oggetto, non l’opera che contiene.
Insomma, alla fin della fiera (letteralmente!), quella che dovrebbe essere una meravigliosa esperienza è diventata una corsa a ostacoli, stancante, stressante. A fine giornata, ti rendi conto di aver passato più tempo ad aspettare che a goderti davvero le tue passioni.
E, in tutto questo, la sensazione che reputo più fastidiosa (e, permettetemi, anche dolosa) è che a chi organizza tutto ciò sembra importare poco o nulla. Chi gestisce il tutto, pare avere una sola preoccupazione: far crescere Lucca Comics & Games sempre di più e di più e di più...Poco importa la logistica (non facile da gestire, senza dubbio, ma - magari - contingentare il numero di biglietti giornalieri?); poco importano i prezzi fuori controllo. La gente viene ed è disposta a pagare qualsiasi cifra? Allora va bene così. Questa è la dura legge del mercato, vi – e ci – piaccia oppure no.
Resta però l’amara considerazione che (almeno, questa è la mia percezione) l’avidità più turpe ha preso il sopravvento. Lucca si è trasformata nella macchina perfetta per mungere i portafogli dei fan fino all’ultimo centesimo. E finché noi glielo permetteremo, perché le cose dovrebbero cambiare?
Sì, Lucca resta un evento unico, emozionante e potenzialmente capace di regalare momenti indimenticabili. Io, nonostante tutto, continuo quasi ogni anno a farci un salto. Non pernotto più perché non posso permettermelo e ho deciso che non parteciperò più a firmacopie e panel, perché non voglio accollarmi mai più file interminabili.
Sono anni che vado solo nelle giornate che so essere le meno frequentate. Non compro quasi nulla perché i prezzi sono gli stessi che trovo in qualsiasi fumetteria ed evito così di appesantire lo zaino e di rischiare di rovinare gli acquisti.
Piccoli accorgimenti dettati dall’esperienza, che mi permettono di passare una giornata sicuramente stancante ma anche unica nel suo genere.
Ma ogni anno diventa un po’ meno festa, con una parte della città (ribadisco: non tutta! So bene che ci sono tanti lucchesi per bene che, anzi, vivono l’evento come un disagio: immagino che davvero lo sia per molti cittadini del centro storico) che vede i visitatori come limoni da spremere e con un’industria editoriale sempre più ossessionata dal collezionismo sterile (per noi) ma fruttuoso (per loro).
Mi verrebbe da chiudere dicendo che se non si cambia rotta, se non si rimette al centro il visitatore, la cultura, il rispetto, invece dei bilanci e dei numeri, il rischio è che la magia finirà per esaurirsi.
Ma direi baggianate: se la gente, se tutti noi, continuiamo a frequentarla e a farci andare bene tutto, le cose non cambieranno mai.
Perché Lucca C&G è un evento davvero potenzialmente magico. È davvero un’esperienza che ha tutte le carte in regola per diventare memorabile. In passato (molti, molti anni fa) per me lo è stata!
Ma proprio perché mi sento legatissimo all’evento, non significa che non abbia diritto a criticare gli aspetti negativi* che, secondo me, ci sono.
Ci vediamo a Lucca!
*In prima stesura, avevo scritto «diritto a criticare il marcio che, secondo me, c’è». Poi ho edulcorato, perché Lucca non lo merita. Certamente organizzare un evento immenso come Lucca C&G non è facile e credo che ci siano tante brave persone che, a tutti i livelli, si impegnano con entusiasmo. Ma tutto ciò non è una giustificazione per quello che proprio non va e che DEVE essere affrontato seriamente.
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