
Erano quasi le 6 del pomeriggio. Io mi trovavo a Milazzo, dove mi ero trasferito da Palermo. In quel periodo mi dilettavo di radio, nel senso che avevo conseguito la patente di radioamatore ed ero da un amico a provare la sua nuova ricetrasmittente ad onde corte. Ad un certo punto, nell'etere inizia a circolare la notizia di un'esplosione nell'autostrada che collega Palermo all'aeroporto di Punta Raisi. Alcuni radioamatori nelle vicinanze avevano sentito un forte scoppio e vedevano una colonna di fumo. L'autostrada era bloccata. Forse è precipitato un aereo? Ci saranno vittime? La bomba non fu la prima cosa a cui pensammo. Non eravamo abituati. Non che i macellai di Cosa Nostra non ci avessero già fatto ricorso. Nel 1983 in via Pipitone Federico, nel cuore di Palermo - e dei palermitani - un'autobomba era stata fatta esplodere per uccidere il giudice Rocco Chinnici, che aveva il torto di aver fondato il pool antimafia nel tribunale della città sede della cupola (ma come minchia si era permesso?!). No, non ci pensammo subito. Poi, le notizie iniziarono ad arrivare. Partirono le dirette in TV e presto la verità fu chiara a tutti: avevano ammazzato Giovanni Falcone e, con lui, la moglie Francesca e la scorta. Una strage. Non sarebbe stata l'ultima.
Per ricordare l'ennesimo eccidio della mafia, vi consiglio - anzi, la consiglio ai vostri figli, figliocci e nipoti - la lettura di "Per questo mi chiamo Giovanni", graphic novel del palermitano Claudio Stassi tratta dal romanzo omonimo dello scrittore e giornalista sportivo Luigi Garlando.
Ecco la sinossi: "Giovanni è un bambino di Palermo. Per il suo decimo compleanno, il papà gli regala una giornata speciale, da trascorrere insieme, per spiegargli come mai, di tutti i nomi possibili, per lui è stato scelto proprio Giovanni. Tappa dopo tappa, padre e figlio esplorano Palermo, e la storia di Giovanni Falcone s’intreccia al presente di una città che lotta per cambiare".
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