Mentre i media mainstream inseguono l’hype di eventi super Pop, i piccoli editori e i giovani autori resistono nelle aree più invisibili. Ma se il futuro delle fiere del fumetto passasse da altre strade?
Lucca Comics & Games 2025 ha chiuso i battenti: la città è stata restituita ai suoi abitanti, i partecipanti sono tornati alle loro case felici e contenti – chi più e chi meno – gli espositori contano il denaro guadagnato, gli editori le copie vendute e gli organizzatori sono già proiettati al 2026, felici che la loro gallina dalle uova d’oro continui a sfornare profitti su profitti. Un evento, la kermesse lucchese, unica al mondo per il contesto urban in cui si sviluppa e, certamente, tra le più importanti in Europa e la più attesa nel nostro Paese.
Ma come ogni anno - tra le lamentele conseguenti ai vari disagi dovuti a un incubo logistico quale Lucca Comics è - torna, puntuale come le tasse, anche la polemica sul peso e l’importanza del fumetto in un evento che nasce storicamente come festa proprio del fumetto ma che, ormai, pare ogni anno un po’ più nascosto rispetto al precedente. Ma non perché non ci sia: il fumetto a Lucca c’è, è innegabile: ci sono i padiglioni degli editori, ci sono gli stand con gli autori, le mostre, la Self Area. Ma, nel racconto mediatico mainstream, resta perennemente offuscato, travolto dall’enorme macchina dell’intrattenimento Pop.
Una situazione evidente che però, come ho già avuto modo di dire, ha una sua logica brutale quanto inevitabile...
Eventi di grande richiamo come quello organizzato da Netflix per Stranger Things sono necessari: attraggono il grande pubblico, garantiscono copertura mediatica, portano enorme visibilità e permettono a una macchina complessa e costosa come Lucca C&G di sostenersi economicamente. Questi show sono il carburante che tiene accesa la macchina. Ma il carburante ha il suo prezzo che, in questo caso, è la perdita di centralità del fumetto tout court.
Questa situazione crea un disagio o – se preferite – un fastidio nel mondo del fumetto, soprattutto tra autori, lettori e piccoli editori, ormai consapevoli da anni che la nona arte è diventata solo una parte della festa, non più il cuore.
La Self Area, che ospita autoproduzioni e progetti indipendenti, è il simbolo perfetto di questa situazione: piena di giovani autori, di idee fresche, di coraggio creativo e sperimentazione, ma fisicamente (e mediaticamente) relegata ai margini, quasi (e scusate il termine forte) ghettizzata.
Voglio essere chiaro: non si tratta di nostalgia o purismo radicalista. Il problema, a mio avviso, è culturale.
Quando le cronache dei quotidiani e i servizi televisivi parlano di Lucca Comics, mostrano la folla, le code, le installazioni delle major, i grandi nomi del cinema e della televisione. Di autori, fumetti ed editori poco o nulla, soprattutto se non legati a eventi altisonanti come «quello che ha inventato Ken il Guerriero» o «Caparezza ha fatto un fumetto».
«OK RoB, abbiamo capito! E allora? Così è se vi pare (cit.)»
Allora, forse, la chiave non sta nel lamentarsi del fatto che Lucca Comics è ormai altro, ma nel cercare nuove strade. Lucca, ma anche eventi simili come Romics, Milan Games Week & Cartoomics, il Comicon di Napoli eccetera, continueranno inesorabilmente a ospitare sempre più eventi di grido, che ci piaccia oppure no.
Per il fumetto, secondo me, bisognerebbe cercare e promuovere nuovi spazi, eventi più mirati, più piccoli e, dunque, meno onerosi da gestire (da tutti i punti di vista).
Dove il lato umano conti più del clamore e dove il dialogo tra autore e lettore non venga sommerso da tutto il resto (e da Meet & Greet per milionari).
Eventi dove, per favore, non deve vincere la tentazione di racimolare pubblico invitando qualche star o pseudo tale: nomi improbabili e meteore dello spettacolo che campano girando sagre e feste patronali.
In un Paese dove il fumetto popolare è quasi scomparso e dove la gente legge sempre meno, dare un po’ più di voce di qualità aiuterebbe una filiera in perenne sofferenza. Regalerebbe una chance a giovani autori ed editori.
Insomma, tutto il sistema ne uscirebbe rafforzato! Si potrebbe creare un circuito virtuoso dove passione, entusiasmo e nuove idee abbiano spazi reali (ed economici), Lasciando ai grandi eventi i loro numeri e le loro preferenze (e le loro Self Area un po’ tristi).
Qualcosa in giro già c’è: eventi locali organizzati da appassionati e, talvolta, sostenuti da amministrazioni comunali illuminate.
Certo, sarebbe bello - e auspicabile - che anche i grandi editori italiani sostenessero attivamente eventi del genere, invece di snobbarli. Sarebbe bello - e auspicabile - che investissero un pochettino di tempo e un pochettino di risorse anche in piccoli eventi locali dedicati al fumetto.
Se, forti della propria visibilità, iniziassero a sostenere una rete di eventi piccoli ma di qualità, non ci guadagnerebbero anche loro?
Sempre che a loro interessi davvero vendere fumetti e non gadget colorati con copertine in pelle di Kayak, stampate in sole 10.000 copie, esclusivissime!

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