Superman e Spider-Man tra crisi di mercato e trasformazioni editoriali (e non solo). Analisi dello stato del fumetto supereroistico in Italia e nel mondo: numeri, tendenze, criticità
Ci risiamo: da vecchio scorreggione quale sono, diventa difficile non pensare ai bei tempi andati. Quando, da bambino, mia madre, tornando a casa da lavoro, mi portava quegli enormi albi dell’Editoriale Corno, che mi aprirono al mondo dei Vendicatori, dell’Uomo Ragno, di Devil e di tutti gli altri. O a quando, un po’ più grandicello, giravo le edicole della mia Palermo alla ricerca degli albi Star Comics e Play Press, la cui distribuzione non era sempre puntualissima. Ma i pellegrinaggi da un’edicola all’altra facevano parte del gioco. Una caccia al tesoro insieme a o in competizione con i miei amici di allora, che si rivelava anche divertente (a 13 anni, non oggi che da caccia al tesoro si è trasformata in una via crucis, ne ho già parlato qui: Scusi, dov'è l'edicola?).E oggi? Come siamo messi? I Supereroi vendono ancora? C’è ancora mercato per Avengers, Spider-Man e Daredevil?
Me lo chiedo perché circola sempre più insistentemente l’idea di una crisi mondiale irreversibile per l’industria del fumetto supereroistico.
Prima di andare avanti, premessuccia: le mie considerazioni riguardano il fumetto americano mainstream di supereroi. Considerazioni che non sono automaticamente estensibili all'intero panorama fumettistico mondiale - o italiano in particolare!
Ad ogni modo, se andiamo a guardare i dati - quelli che abbiamo a disposizione e sperando che siano attendibili - ci rendiamo conto che non siamo ancora giunti all’apocalisse.
Ad ogni modo, se andiamo a guardare i dati - quelli che abbiamo a disposizione e sperando che siano attendibili - ci rendiamo conto che non siamo ancora giunti all’apocalisse.
Dati a confronto
I fumetti continuano a vendere più o meno bene in tutto il mondo: il mercato mondiale ha superato quota 9 miliardi di dollari nel 2024. I manga, sebbene si registri un po' ovunque una flessione post-covid, dominano le classifiche in gran parte d'Europa. C’è un rinnovato interesse per il fumetto europeo e l'editoria indipendente, anche grazie a nuove vie di distribuzione e di promozione, cresce a piccoli passi. Con tanta fatica, ma con abnegazione. In Italia, librerie e fumetterie hanno un andamento altalenante. Edicole non pervenute, vabbè.
In calce vi lascio alcune fonti con i dati che sostengono quanto ho appena scritto.
Ma se andiamo più nello specifico, effettivamente ci rendiamo conto che i fumetti Marvel e DC non se la passano poi tanto bene.
Sebbene il mercato globale dei fumetti di supereroi sia stato valutato circa 1 miliardo e 250 milioni di dollari nel 2024, con un tasso di crescita annuo stimato di quasi l’11% fino al 2030, che di fatto significa un raddoppio in termini di valore, se andiamo a leggere tra le righe, se conosciamo un po’ il mercato delle storie che amiamo leggere, il sospetto che viene è che ci siano problemi dovuti non tanto al genere in sé, ma al modo in cui questo specifico segmento è strutturato.
Un modello superato
Diciamolo chiaramente: il modello di business che ha sostenuto gli imperi Marvel e DC per sessant’anni (con i loro alti e bassi storici, per carità) è diventato obsoleto: le continuity infinite - anche se, in verità, oggi le serie mensili sono strutturate in archi narrativi di sei episodi, per facilitare la raccolta in volumetti (TP brossurati in USA, odiosi e costosissimi cartonatini da noi); i crossover complessi e forzati e continui; la mancanza di veri punti d'accesso che scoraggiano i lettori occasionali. Questi sono solo alcuni degli annosi problemi che affliggono il fumetto supereroistico delle due major.
A cui si aggiunge il prezzo, almeno qui in Italia: quattro euro per uno spillatino di venti pagine che si legge in pochi minuti?! Se poi consideriamo l’ambiguo rapporto tra fumetto e cinecomic e tutto il resto (ne parlo più avanti), non si tarda a comprendere come mai il settore presenti delle criticità.
Leggo o colleziono?
Al quadro si somma un'altra tendenza problematica – almeno qui in Italia: l'esplosione di edizioni di lusso, variant cover a più non posso ed edizioni limitate vere o presunte. Mentre, in passato, rappresentavano un'occasione speciale per collezionisti o per celebrare opere mitiche, oggi sembrano essere diventate la norma, un modo per tentare di spingere le vendite al massimo. O, comunque, per massimizzare il margine.
Col rischio che questa proliferazione di edizioni fantasuperspeciali finisca per stancare il mercato, confondere i lettori e sminuire il valore intrinseco dell'opera originale. Trasformando il fumetto da medium di intrattenimento a mero oggetto da collezione.
Ci tengo a precisare che non mi riferisco al naturale aumento di prezzo (comprensibile) delle edizioni da libreria rispetto a un’ipotetica versione da edicola dello stesso contenuto - aumento dovuto al formato, alla qualità della stampa, della carta e così via. Ma a quelle edizioni concepite appositamente per trasmettere al potenziale acquirente una percezione di rarità, di pregio.
Ormai, l'enfasi sembra spostarsi da qualità e importanza della storia all'esclusività dell'edizione che, tra l'altro, crea - con la complicità più o meno voluta degli editori - un mercato speculativo che può allontanare i nuovi lettori e frustrare anche i più affezionati (ne ho parlato qui: Fumetto esclusivo e sito down).
Un esempio di questa evoluzione (involuzione) si può osservare in editori come Panini, Star Comics e anche Saldapress, che hanno attuato, negli ultimi anni, significativi aumenti di prezzo per chi resiste ancora in edicola (Panini) e una crescente enfasi su pregiati volumi cartonati (tutti).
Tuttavia, queste strategie commerciali potrebbero rivelarsi un autogol.
Perché l'innalzamento costante dei prezzi rende i fumetti sempre meno accessibili, specialmente per i nuovi (giovani) lettori e per chi ha pochi soldi in tasca. E se, da un lato, l'editore si trova a fronteggiare l'aumento dei costi di produzione (carta, energia, distribuzione), dall'altro la percezione di prezzi esagerati e di un value for money sempre più messo in dicussione, rischia di allontanare una platea di potenziali lettori che, in assenza di un forte legame con i personaggi, il brand o con il collezionismo fine a sé stesso, potrebbe optare per altre forme di intrattenimento.
Voglio dire: che il costo della carta aumenti continuamente e imperturbabilmente è un dato di fatto e una giustificazione che, da sempre, gli editori ripropongono ad ogni incremento del prezzo di copertina. Aumenti che non nego nella maniera più assoluta, ci mancherebbe altro. Anzi, scemi tutti quelli che negli anni passati, invece di investire in oro o bitcoin, non hanno investito in carta e cartiere. Ma tant’è.
Però, la proliferazione di variant ed edizioni di lusso, se non è accompagnata da un'offerta di base accessibile e con storie di qualità, rischia, a mio parere, di trasformare il fumetto in un prodotto di nicchia, pensato più per i collezionisti che per i lettori. Andando così a erodere sempre di più la base di lettori veri.
Le numerose alternative al fumetto
Oltre al prezzo e al valore percepito, un altro fattore cruciale che compromette il rapporto delle nuove generazioni con il fumetto è la proliferazione di fonti di intrattenimento alternative e altamente immersive. Oggi, i giovani (e non solo loro, ovviamente) hanno accesso a un intero universo di stimoli visivi e interattivi: dai videogames ai social network alle piattaforme di streaming, che competono per il loro tempo e la loro attenzione. Ciò ha modificato radicalmente le abitudini di consumo dell’entertainment. La lettura, inclusa quella dei fumetti, è disturbata da un flusso costante di contenuti audiovisivi digitali più facilmente accessibili e immediati .
E così, la competizione per catturare l'interesse di un pubblico abituato a un intrattenimento istantaneo e dinamico diventa un ostacolo di non poco conto. Con il fumetto che deve trovare il giusto modo di inserirsi in questo ecosistema multimediatico complesso e frastagliatissimo.
Cinema e fumetto: relazione tossica?
Dicevo prima dell’ambiguo legame tra cinema e carta stampata. Lo sappiamo: i grandi editori di comic sono proprietà di multinazionali dell'intrattenimento, il che ha ovviamente facilitato l'interazione tra inchiostro e cellulosa. Detto ciò, il rapporto tra fumetti di supereroi e film basati su di essi è complesso e non sempre vantaggioso per il medium originale. I cinecomic, sebbene siano diventati un fenomeno globale trainato da franchise come il Marvel Cinematic Universe, hanno avuto un impatto ambivalente. Da un lato, hanno espanso enormemente i mercati collaterali (videogiochi, gadget, abbigliamento). Tuttavia, dall'altro lato diverse analisi dei dati di vendita suggeriscono che i blockbuster cinematografici non hanno avuto un impatto economico diretto significativo sulle vendite di fumetti. Il che solleva dubbi sul fatto che i film portino effettivamente nuovi lettori ai fumetti, o se, piuttosto, attingano a un pubblico di fan interessati solo ai personaggi e al brand, non al medium cartaceo.
La qualità delle storie di oggi
Infine, un tema sempre più discusso, soprattutto negli Stati Uniti, è l’odierna qualità delle storie legata alla vera o presunta scarsità di autori e artisti di talento disposti a lavorare per Marvel e DC. Storicamente, i creatori hanno avuto scontri con queste due grandi case editrici riguardo al controllo creativo e alla proprietà intellettuale dei personaggi da loro ideati. Questa problematica ha portato all'affermazione del modello creator-owned, dove gli autori mantengono i diritti sulle loro creazioni. Molti editori offrono oggi tale possibilità ed è per questo che tanti autori e artisti scelgono di portare altrove le loro nuove idee. Piattaforme come Substack o le campagne di crowdfunding hanno ulteriormente incentivato questa migrazione, permettendo ai creatori di avere il controllo completo sulle proprie opere e di raccogliere maggiori profitti dai successi.
Sebbene lavorare per Marvel e DC possa offrire popolarità e l'opportunità di usare personaggi leggendari, molti creatori preferiscono la libertà creativa e il potenziale guadagno derivante dalla proprietà della proprie creazioni. Alcuni adottano un modello misto, lavorando per le due major per guadagnare visibilità e attrarre lettori, per poi (legittimamente) indirizzarli verso i loro progetti creator-owned.
Questo porta a un circolo vizioso per cui Marvel/Disney e DC/Warner, i cui maggiori guadagni provengono da cinema e TV, potrebbero avere meno interesse a modificare i loro modelli di work-for-hire. È una triste realtà, ma per queste corporation i fumetti non sono più il loro core business da molti decenni: sono quasi diventati un male necessario, fungendo solo da serbatoio per nuove storie da portare al cinema e in TV o nuove action figure da realizzare.
Di conseguenza, nuovi e vecchi talenti cercano, sempre più, altre opportunità maggiormente gratificanti in termini di controllo creativo e diritti (e ricavi). Usando le big two per fare esperienza e acquisire notorietà spendibile in altri contesti.
Ci mancava il complotto woke!
Per chiudere in bellezza, c’è poi chi addossa le colpe del mondo e, quindi, anche la crisi dei comic al cosiddetto complotto woke.
L'argomento woke è diventato una scorciatoia retorica per screditare qualsiasi tentativo di diversificare personaggi e temi. Ma questa crociata ossessiva contro l'inclusività rivela più di chi accusa che del fumetto in sé. La realtà è semplice: una storia ben scritta funziona, una storia mal scritta no. Che abbia protagonisti neri, gay, asiatici, donne forti e muscolose, non fa differenza. Ciò che conta è la narrazione (storia+disegni), la caratterizzazione dei personaggi, non colore della pelle o identità sessuale. Io sono convinto che chi si lamenta sempre e solo di ciò che non accetta, probabilmente dei fumetti, alla fine, non gliene frega (più) nulla.
Detto questo, non nego che ci possa essere un uso talvolta eccessivo del politically correct, quando rischia di minare la libertà espressiva degli autori o di avallare una censura retroattiva su opere del passato (la censura non è MAI una cosa buona). È una questione molto complessa e su quest’argomento ho anche realizzato un video. Se vi va di vederlo, clic qui.
Un segmento in evoluzione
Oltre a tutte queste criticità, ci sono, naturalmente, anche altri problemi: le scan illegali, i nostrani problemi di distribuzione...Siamo dunque arrivati all’epilogo? Se un fumetto di supereroi è scritto bene, coinvolge, emoziona e diverte, troverà ancora lettori? E questi fumetti saranno pubblicati da Marvel e DC o da qualcun altro?
Quel che è certo è che siamo di fronte a una profonda trasformazione: alcuni modelli editoriali invecchiano, altri nascono; alcuni lettori si allontanano (anche per ragioni anagrafiche, ahimé), altri arrivano.
Il fumetto supereroistico non è più (da un pezzo) il mensile da edicola di un tempo e continuare a guardarlo - e analizzarlo - solo attraverso il filtro dei supereroi Marvel e DC è sorpassato, antiquato. E, al di là di certe aberrazioni e di certe storture che, secondo la mia personalissima opinione, avranno vita breve - perché prima o poi la bolla esploderà (in passato è già successo) - la vera domanda è se siamo pronti a riconoscerlo nelle sue nuove forme narrative, editoriali, distributive. Perché indietro non si torna, togliamocelo dalla testa una volta per tutte.
Io non so se sono pronto. O se sono troppo stanco per provarci. Grazie a Odino Padre di tutti, la mia libreria è piena di albi e volumi vecchi e impolverati, che mi faranno compagnia per i prossimi 50 anni. Affronterò il problema a tempo debito😊.
Fonti:
La frase finale è quello che mi da conforto molto spesso. Oltre il lavoro, le fatiche, gli alti e bassi della vita…i fumetti saranno li, sempre pronti per essere letti (finché la vista ci terrà 😂)
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